liquirìzia
Liquirìzia (pop. liquerìzia, liquorìzia) s. f. [dal lat. tardo liquiritia, adattamento, con influsso di liquor, del gr. γλυκύρριζα, comp. di γλυκύς «dolce» e ῥίζα «radice»].
1. a. Pianta erbacea perenne delle leguminose papiglionacee (Glycyrrhiza glabra), detta anche popolarm. regolizia, originaria del Mediterraneo e dell’Asia centrale, con fusti alti fino a un metro, rami flessibili, foglie composte di 9-15 foglioline, fiori piccoli bluastri o violacei, riuniti in grappoli, e radice grigio bruna, molto divisa. Dalle radici e dagli stoloni si ricava una droga di sapore agrodolce, usata nella tecnica farmaceutica come eccipiente per pillole; le radici sono soprattutto usate per preparare il succo di liquirizia, costituito dal loro estratto acquoso che, dopo lunga preparazione, forma una massa semisolida foggiabile in bastoncini, in pani, ecc., usata come dolciume, per aromatizzare e colorare la birra, nella concia di alcune varietà di tabacco, ecc.; in farmacia si usano l’estratto e lo sciroppo di liquirizia per le loro proprietà emollienti, bechiche, edulcoranti. b. Pastiglia, caramella a base di liquirizia: caramella alla l.; mangiare una l.; comprare un etto di liquirizie.
2. Con varie specificazioni, nome di altre piante appartenenti a generi diversi: a. L. bastarda, erba perenne delle leguminose papiglionacee (Astragalus glycyphyllos), detta anche vecciarini, con fusti alti fino a più di un metro, che cresce in gran parte dell’Europa e dell’Asia settentr., nei luoghi freschi, al margine dei boschi, e viene anche coltivata per ornamento nei giardini ombrosi; per il sapore un po’ zuccherino delle foglie è molto appetita dal bestiame. b. L. falsa (o dei muri o dei boschi), altro nome della felce dolce (Polypodium vulgare), così chiamata per il sapore dolciastro del rizoma, detto comunem. l. di monte. c. L. indiana, altro nome del jequirity.